martedì 25 gennaio 2011

Ineditime: Amer (2009)

Sublimare la lezione dei Maestri e trasfigurarla in una tesi registica sulla paranoia: il compito di Helene Cattet e Bruno Forzani, in questa coproduzione franco-belga, è impeccabile.

Muovendo dai "sospiri" e dai profondi colori del buio (siano essi "rossi" o viola o verdi), i due autori modellano, con il rasoio, la parabola contorta di una bambina-ragazza-donna che attraversa obliqua(mente) i passaggi di una crescita obbligata e accelerata dalla pre-senza della se(n/s)sualità nel suo mondo.

Con una violenta forza dapprima statica, poi centrifuga, e infine centripeta, il percorso spiroidale (perfettamente reso dalla meravigliosa locandina retrò) si de-linea e si chiude "in un batter d'occhi", anzi, in un'apertura.

Più che perverso, multiverso ma unidirezionale: l'appagamento (mancato) del desiderio (sia esso prettamente materiale, di libertà/indipendenza, di calore familiare) è ostacolato dal desiderio stesso (sessuale e morboso) e, piuttosto che l'annichilimento, la conseguenza immediata diviene l'esasperazione e l'eruzione incontrollata (ma vellutata come un paio di guanti) di istinti atavici.

Infiniti primi piani, filtri colorati sull'obbiettivo, movimenti di camera irregolari e spezzettati, colonna sonora: tutto sembra rifarsi pedissequamente alla tradizione del giallo all'italiana. Ma non più come mera (ri)produzione scolastica, quanto come esal(t)azione del reale (e sottinteso) respiro argentomartiniano: la sessualità come punto focale dell'indagine sul corpo e sulla testimonianza (martirio) della violenza.

E nella sua quasi totale assenza di suono (e parola), l'armonia di una lama sulla pelle non può che provocare un inaspettato senso di ritorno.

Di ritorno a Casa.

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