venerdì 10 giugno 2011

Recensione: Melancholia (2011)


Sconfortante e scomodante proiezione di futuribili catastrofi, annichilente inevitabilità di predestinazioni: in quella che è la sua Fin Absolue du Monde, Von Trier, (in)castra, in un inequivocabile e disperato dittico con la sua precedente opera (lirica), la scrosciante grandine dell'inconscio femminile e l'infantile pochezza dell'avvilente universo (?) maschile (il campo medio del marito seduto, seminudo, sul letto matrimoniale è di una potenza esemplificativa strepitosa) confinando lo spazio (umano) con opprimenti volti ravvicinati che lasciano il Vuoto, ingombrano il quadro, soffocano.

La bipartizione secca dello scontro tra due pianeti lontani ma prossimi alla collisione (interpretazioni da premio quelle di Kirsten Dunst e di Charlotte Gainsbourg) è risolta con graduale messa a fuoco del rapporto di grandezza tra le parti, profeticamente preannunciata nell'esasperato e cripticamente desolato prologo di gravosa veemenza da romanticismo ottocentesco e coadiuvata dall'utilizzo protratto e (non più) dogmatico del montaggio (impetuoso, asfissiante) e della macchina a mano.

Ed è l'arida prospettiva (mancante) di una qualsivoglia via di fuga (sia essa il rapporto di coppia, l'amore, la famiglia, il lavoro) che, nietzscheanamente, permette di accettare la sublime tragicità della vita. E di subire, consapevoli e desiderosi, la potenza, catartica, della (nostra) Natura.

2 commenti:

  1. 'Melancholia' e 'The Tree Of Life', due film diametralmente opposti ma intrinsecamente vicini: che siano uno spartiacque all'interno del cinema 'd'autore', finora sempre rimasto molto legato più alle parole che ai fatti? I registi di oggi non si accontentano più di emozionare gli spettatori con una costruzione della scena semplicemente 'romantica' (nel senso Friedrichiano del termine). I viandanti sul mare di nebbia sono obsoleti: e allora Von Trier e Malick hanno pensato bene di ficcare dentro ai loro film pianeti, galassie, universi. La rivoluzione è nell'aria e la 'collisione' è sempre più prossima.

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  2. SPOILER

    Con l'Albero abbiamo visto la nascita, con il Pianeta vediamo la fine: hai decisamente ragione, il discorso nasce (e si esaurisce?) con due film discrepanti dal lato filosofico-contenutistico, ma realmente vicini dal punto di vista filmico, con rappresentazioni globali di un Tutto (ultra-terreno) così vicino all'uomo da esserne parte integrante e da fondarne la stessa essenza. Dunque siamo alle soglie di un neoromanticismo?

    Commento necessario, comunque, grazie.

    PS: Hai detto moine omosessuali?

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