lunedì 21 febbraio 2011

Recensione: Midori - Chika Gentou Gekiga Shōjo Tsubaki (1992)

Clamoroso.
Durezza estrema (da un folle manga di Suehiro Maruo) che si fa carne sfatta e deforme, violenza psicofisica, brutalità.

Midori, ingannata, si trova in un mondo terrificante e surreale, di freaks (evidente l'ispirazione del celebre film di Tod Browning), di sesso, di violazione e privazione dell'identità personale, di follia: colori brillano sangue e spengono ogni speranza.

Un treno passa, lontano: come in una fotografia, o meglio un disegno, rimane là, opera d'arte e luce lontana, sempre più. Un morente faro.

 (Dis)Illusione e attesa segnano (fisicamente) la breve esistenza della camelia, preziosa, ed inutile è la sua bellezza di fronte all'inesorabile avanzata delle feroci stagioni.

Istantanee.
Istantenee di vita, di una pantomima folkloristica, raggelante, raccapricciante. Tangibile.

Un pessimo trucco di un prestigiatore nano, architettato magistralmente; attraente, penetrante, magnetico, e fasullo, il futuro.

 Un film oltre. Qualcosa di inconcepibile nella mente di un occidentale. Hiroshi Harada con uno stile paurosamente personale, che unisce tavole disegnate (non animate), animazioni folli, scritte, visioni surreali, morbose, folli, fa qualcosa di clamorosamente fuori da ogni schema.

Terrificante, davvero.

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