La francese Nouvelle Vague d'Horreur continua a vomitare figli brulicanti.
Cura tecnica encomiabile (fotografia del sempre fidato Laurent Barès) in contesto rurale, con condimento redneck: il succo (nero) che Franck Richard ci fa ingurgitare nella sua opera prima è questo.
Scontato? Due fattori lo tengono sollevato una spanna da terra: una decisamente coraggiosa mistura di demenzialità (voluta) e seriosità, che lascia interdetti, e una variatio generis che permette ad un nuovo sottogenere (?) di (ri)sorgere dal sottosuolo.
Garantiscono Philippe Nahon (che gigioneggia) e Yolande Moreau (che convince, eccome): sani effetti artigianali, inquadrature (ma non montaggio e sceneggiatura) da manuale e paesaggi nebbiosi e sporchi.
Non molto convincente, ma tant'è, sulla rossa scia del nuovo millennio orrorifico.
Qualcuno storcerà sicuramente il naso, dicendone di tutti i colori: beh, non è detto che non abbia ragione ma, già solo per la presenza di Nahon, va visto. E poi io, di un pacco, amo quasi più l'incarto che il contenuto, pochi cazzi.
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