giovedì 10 marzo 2011

Recensione: I Diavoli - The Devils (1971)

Locandina da LaSchighera
Ascesa.
Un Vangelo rovesciato, carnale, seicentesco. 

L'Apogeo.
Unione. Rinnegato ogni passato.

Naturale declino.
Il corso del fiume Crono; funereo morbo.

I nuovi re.
Lo stupro del Messia: inizio.

Martirio.
Testimonianza del regno di Dio.

Obliterare.

Fuori dal tempo, dentro allo spazio. Ken Russell configura anacronismi perfettamente leciti, marchiando il fuoco dei sensi con un coro (demoniaco) di sessualità repressa e soppressa, in un dantesco (e, successivamente, pasoliniano) "paese" francese. 

La massa ingoia e rigurgita corpi appestati e compressi, quasi fosse necessaria una sintesi in fossa comune: vige l'uguaglianza, e la pace.

Comunità. Di visioni e di vedute. Come una corte di giustizia il cui verdetto è già scritto: gli eventi corrono inevitabili, sullo sfondo impietoso di un'asetticità cadaverica e morbosa, malata alla radice (evidente l'impronta dell'eccezional scenografo Jarman, o viceversa?).

Senza incontri, la battaglia tra la monaca Jeanne e il carismatico Grandier (che interpretazione di Oliver Reed), parti (opposte) della stessa matassa, vinti e vincenti, intrappolati e liberati dal rubino della sofferenza.


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